UNA STRAGE PER PROBLEMI ECONOMICI 

Il fenomeno dei suicidi per problemi economici in Italia ha assunto proporzioni preoccupanti. La significativa mancanza di dati ufficiali (dal 2010 l’Istituto Nazionale di Statistica non conta più tali suicidi con la scusa di non poter attribuire una motivazione certa) non ha impedito al Comitato Io non mi Uccido, nato proprio per denunciare la drammatica situazione Italiana, di raccogliere le notizie provenienti dalle testate giornalistiche locali e da quelle on line e di poter denunciare una strage annua stimata in circa 4000 cittadini italiani. 

Infatti agli oltre 2000 casi di suicidi che riusciamo a “scovare” vanno aggiunte tutte le morti che vengono riportate come “cause in corso di accertamento”, nascoste nelle più onorevoli “cause naturali” ovvero i suicidi attraverso barbiturici o altri medicinali frettolosamente riportate come morti da “overdose”.

Dati che non si può fare a meno di collegare a quelli altrettanti preoccupanti che parlano di un nefasto trend riguardante la chiusura di aziende:  nel 2013 in Italia hanno chiuso in media 54 imprese ogni giorno, due ogni ora ( con 14.269 fallimenti, in crescita del 14% rispetto al 2012 e del 54% rispetto al 2009)  per arrivare al 2015 dove  “ hanno chiuso sedici imprese ogni ora: 390 al giorno, 142.000 in un anno (dati che emergono da una ricerca di Rete Imprese Italia con il Ref). 

Ma al di là della infinita discussione sui numeri e sulla considerazione che l’Italia sarebbe in linea o addirittura presenterebbe un numero inferiore di suicidi rispetto ad altri paesi industrializzati quello che il Comitato Io Non Mi Uccido ha evidenziato è la possibilità di evitare questi suicidi rimuovendo alcuni fattori scatenanti.

LA PERDITA DELLA CASA COME ELEMENTO DETERMINANTE NELLE DEPRESSIONI DA SOVRAINDEBITAMENTO

Fra le tante concause che generano una depressione psichica che colpisce chi si trova in una situazione di SOVRAINDEBITAMENTO (per perdita o diminuzione delle entrate economiche) spicca  infatti come fattore determinante quello della PERDITA DELLA CASA, minacciata dalla iscrizione di ipoteche giudiziarie o anche effettiva a seguito di pignoramento o vendita giudiziaria per l’escussione delle ipoteche da parte degli istituti di credito.

DIRITTO ALLA  ABITAZIONE NEGATO DALLE CLAUSOLE ABUSIVE DELLE BANCHE

Sorprende l’immobilismo del governo Italiano nel rendere effettivo il diritto alla abitazione e il conseguente ritardo della giustizia civile nel rispettare la Direttiva CEE  93/13 del Consiglio del 5/4/1993  che ha definito abusive tutte le clausole inserite nei contratti che non siano state oggetto di negoziato individuale e quindi “abusivi” tutti i contratti sottoscritti con le banche e le finanziarie. In Italia infatti i contratti bancari non sono oggetto di un negoziato ma contengono clausole che spesso non sono state neppure lette e palesemente a favore di una sola parte !!!!

La Direttiva 93/13/CEE del Consiglio infatti all’Articolo 3 recita: “

1. Una clausola contrattuale, che non è stata oggetto di negoziato individuale, si considera abusiva se, malgrado il requisito della buona fede, determina, a danno del consumatore, un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi delle parti derivanti dal contratto

 2. Si considera che una clausola non sia stata oggetto di negoziato individuale quando è stata redatta preventivamente in particolare nell’ambito di un contratto di adesione e il consumatore non ha di conseguenza potuto esercitare alcuna influenza sul suo contenuto. Il fatto che taluni elementi di una clausola o che una clausola isolata siano stati oggetto di negoziato individuale non esclude l’applicazione del presente articolo alla parte restante di un contratto, qualora una valutazione globale porti alla conclusione che si tratta comunque di un contratto di adesione. Qualora il professionista affermi che una clausola standardizzata è stata oggetto di negoziato individuale, gli incombe l’onere della prova.

3. L’allegato contiene un elenco indicativo e non esauriente di clausole che possono essere dichiarate abusive”.

In aggiunta poi la Sentenza della Corte di Giustizia Europea C-34/13 del 10/09/2014 III Sezione ha stabilito la possibilità di opporsi ad eventuale pignoramento su beni dati in ipoteca se i contratti contengono clausole abusive.

Alcuni passaggi della sentenza

“Infatti, la perdita dell’abitazione familiare non è solamente idonea a violare gravemente il diritto dei consumatori (sentenza Aziz, EU:C:2013:164, punto 61), ma pone i familiari del consumatore interessato in una situazione particolarmente delicata (v., in tal senso ordinanza del presidente della Corte Sánchez Morcillo e Abril García, EU:C:2014:1388, punto 11)

A tale proposito, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha considerato, da un lato, che la perdita dell’abitazione costituisce una delle più gravi violazioni al diritto al rispetto del domicilio e, dall’altro, che qualsiasi persona che rischi di esserne vittima deve, in linea di principio, poter far esaminare la proporzionalità di tale misura (v. sentenze Corte EDU, McCann c. Regno Unito, n. 19009/04, § 50, CEDU 2998, e Rousk c. Svezia, n. 27183/04, § 137).

Nel diritto dell’Unione, il diritto all’abitazione è un diritto fondamentale garantito dall’articolo 7 della Carta, che il giudice del rinvio deve prendere in considerazione nell’attuazione della direttiva 93/13.

Per quanto riguarda in particolare le conseguenze che comporta l’espulsione del consumatore e della famiglia dall’abitazione che costituisce la loro residenza principale, la Corte ha già sottolineato l’importanza, per il giudice competente, di emanare provvedimenti provvisori atti a sospendere un procedimento illegittimo di esecuzione ipotecaria o a bloccarlo, allorché la concessione di tali provvedimenti risulta necessaria per garantire l’effettività della tutela voluta dalla direttiva 93/13 (v., in tal senso, sentenza Aziz, EU:C:2013:164, punto 59).

NULLITA’ DEI CONTRATTI BANCARI

Ma oltre alla possibilità di far valere il diritto alla abitazione altre prospettive si aprono per coloro che vedono messa in pericolo la propria casa e sono legate alle azioni per far dichiarare la nullità dei contratti bancari, sia per la presenza di anatocismo che di usura bancaria, ma anche per la gigantesca truffa dell’Euribor generata dalla manipolazione degli indici.

Nel dicembre 2013 l’Antitrust europea, guidata dal vicepresidente della Commissione Joaquìn Almunia, ha infatti multato per 1,7 miliardi di euro quattro grandi banche, Barclays, Deutsche Bank, Royal Bank of Scotland e Société Générale, per un accordo di cartello finalizzato a manipolare l’Euribor.

Per capire la portata e i risvolti di questa vicenda riportiamo alcuni passi tratti da Il Fatto Quotidiano del 14 febbraio 2016 : “Si tratta della gigantesca truffa sull’Euribor, il tasso di riferimento a cui sono agganciate le rate dei finanziamenti a tasso variabile.

Da allora quella sentenza è segretata. La sua pubblicazione aprirebbe le cataratte dei risarcimenti. L’Euribor (Euro Inter Bank Offered Rate) misura gli interessi che le banche si pagano per i prestiti tra loro. Viene rilevato quotidianamente con un sondaggio telefonico tra alcune decine di banche di un panel. Le possibilità di manipolazione del risultato sono intuitivamente ampie.

Mentre Bruxelles continua a indagare su altre banche, gli strascichi giudiziari sono pesanti. A Londra si è appena aperto il processo penale contro 11 operatori finanziari di varie nazionalità. A Trani il magistrato specializzato Michele Ruggiero ha aperto un fascicolo per truffa. E in numerosi tribunali civili d’Italia e di tutta Europa stanno partendo raffiche di cause per ottenere dalle banche i risarcimenti.

La faccenda è talmente grossa che Commissione Europea e governi nazionali – normalmente pronti alla zuffa su tutto – hanno trovato facilmente una tacita intesa sullo stendere un velo di silenzio e scansare il problema. E si capisce il perché: secondo Il Sole 24 Ore la manipolazione dell’Euribor riguarda una massa di prodotti finanziari (dai derivati ai mutui casa) superiore ai 400 mila miliardi di euro, circa 200 volte il debito pubblico italiano. Se le banche europee dovessero restituire anche solo l’1 per cento di quella cifra, si troverebbero di fronte un conto da 4 mila miliardi di euro.

Per avere un’idea delle dimensioni del caso basta l’esempio dei mutui casa italiani. Tra il 2005 e il 2008 si può stimare che le famiglie italiane con mutuo a tasso variabile fossero indebitate con le banche per circa 220-230 miliardi e che in quegli anni abbiano pagato, per la quota degli interessi commisurati all’Euribor, circa 30 miliardi. Secondo le ipotesi di Sorgentone sulla manipolazione dell’Euribor, 16 di quei 30 miliardi dovrebbero essere restituiti. Ma c’è anche l’ipotesi più estrema, sostenuta da Antonio Tanza, legale dell’Adusbef: l’irregolarità renderebbe nulli i contratti di mutuo e le banche dovrebbero dunque restituire, come minimo, tutti i 30 miliardi.

Nel 2013, Almunia annunciò la severa decisione con parole di fuoco: “La cosa scioccante dello scandalo Euribor non è solo la manipolazione degli indici, ma anche la predisposizione di veri e propri cartelli tra un certo numero di attori della finanza. Vogliamo trasmettere chiaramente il messaggio che la Commissione è determinata a combattere e a multare questi cartelli del settore finanziario”. Ma dal giorno dopo gli uffici di Bruxelles hanno opposto un vero e proprio catenaccio alle pressanti richieste di pubblicare la sentenza, per poterla esibire ai tribunali.

Sorgentone ha fatto la sua prima richiesta due anni fa, nel gennaio 2014, e gli fu risposto che la “versione pubblica” non era ancora pronta.

Dopo molte insistenze, il 28 ottobre scorso l’avvocato italiano ha ricevuto una lettera piuttosto perentoria del direttore generale della direzione Concorrenza, il tedesco Johannes Laitenberger, braccio destro della Vestager. La richiesta di accesso agli atti è stata respinta per due ragioni. La prima è che la divulgazione del documento “arrecherebbe pregiudizio” alle indagini ancora in corso contro altre banche. La seconda è che le regole europee tutelano la riservatezza delle banche condannate: con la sentenza verrebbero divulgate “informazioni strategiche circa i loro interessi economici e le operazioni e lo sviluppo dei loro affari”. È vero, ammettono gli uomini della Vestager, che questo diritto alla riservatezza soccombe di fronte all’interesse pubblico, ma Sorgentone ha chiesto copia della decisione sul caso AT/39914 per usarla nella causa di un suo singolo cliente contro la Banca Nazionale del Lavoro.

E nella sua domanda “non ha addotto argomenti che consentano di individuare un interesse pubblico prevalente”. Roba da Azzeccagarbugli: per la Direzione Concorrenza va dimostrato l’interesse pubblico in una sentenza che riguarda milioni di risparmiatori e aziende di tutta Europa e può valere migliaia di miliardi di euro.

Non si tratta di maltrattamenti riservati agli italiani. Anche la società tedesca Edeka Handelsgesellschaft Hessenring ha fatto identica richiesta, ha incassato identico diniego e ha fatto ricorso. Sorgentone si è rivolto all’ufficio Trasparenza del Segretariato generale della Commissione europea, inutilmente. Dopo ripetute lettere dilatorie, tre giorni fa il capo dell’ufficio Martin Kroeger gli ha scritto che “la procedura volta a ottenere una versione non riservata della Decisione è ancora in corso” e che “non è al momento possibile prevedere esattamente quanto tempo sia ancora necessario”. Sono passati due anni e due mesi e ancora Bruxelles sta trattando – con le banche condannate – i termini di pubblicazione della sentenza”

Da evidenziare anche l’iniziativa dell’ADUSBEF finalizzata a chiedere alle banca la restituzione degli interessi versati e non dovuti nonché a far dichiarare nulli i relativi contratti per nullità della clausola Euribor per violazione dell’art. 2, lettera a) della Legge n. 287 del 10/10/1990 (“Sono vietate le intese tra imprese che abbiano per oggetto o per effetto di impedire, restringere o falsare in maniera consistente il gioco della concorrenza all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante, anche attraverso attività consistenti nel: R32;a) fissare direttamente o indirettamente i prezzi d’acquisto o di vendita ovvero altre condizioni contrattuali”).

LA NECESSITA’ DI INTERVENTI URGENTI

Che la perdita della casa sia un elemento di particolare criticità è dimostrato dalla richiesta di urgenti interventi legislativi al fine di porre rimedio a questa situazione.

  1. LIMITI ALLA PIGNORABILITA’ DELLA PRIMA CASA DA PARTE DI EQUITALIA

Con la emanazione dell’articolo 52 del c.d. “decreto del fare” (D.L. 69/2013 emanato dal governo Letta)  che ha modificato la formulazione dell’articolo 76 del  dpr 602/73 (“espropriazione immobiliare”), stabilendo che “l’agente della riscossione: a) non dà corso all’espropriazione se l’unico immobile di proprietà del debitore, con esclusione delle abitazioni di lusso, (…) è adibito ad uso abitativo e lo stesso vi risiede anagraficamente”. Tale norma, spiega la Cassazione nella Sentenza n.19270/2014  non deve essere intesa come “impignorabilità” della prima casa quanto semmai come una disposizione di carattere processuale, nei casi in cui l’espropriazione immobiliare riguardi l’unico bene di proprietà, non di lusso, in cui il contribuente ha la residenza, “l’azione esecutiva non può più proseguire e la trascrizione del pignoramento va cancellata, su ordine del giudice dell’esecuzione o per iniziativa dell’agente di riscossione”;

Intervento legislativo che argina in parte l’azione di Equitalia, che può sempre agire in presenza di altri beni immobili, ma soprattutto non evita le azioni di altri creditori in particolare finanziarie e istituti di credito.

  • DDL DELLA REGIONE SICILIA PER LA IMPIGNORABILITA’ DELLA PRIMA CASA

Prosegue l’iter parlamentare della legge regionale licenziata all’unanimità dalla Assemblea Regionale Siciliana, con prima firmataria Vanessa Ferreri del Movimento Cinque stelle,  che sostanzialmente mira ad estendere i limiti legislativamente introdotti per Equitalia, di cui al punto precedente,  anche  nei confronti di  “aziende e istituti di credito nonche da parte di intermediari finanziari “ come anche gli immobili destinati all’esercizio di impresa. Il testo è assegnato alle commissioni riunite 2ª (Giustizia) e 6ª (Finanze e tesoro) e dovrà ricevere pareri delle commissioni 1ª (Aff. costituzionali), 5ª (Bilancio), 10ª (Industria), 11ª (Lavoro). Per quanto riguarda la casa di civile abitazione il testo recita:

Art. 1 (Oggetto dell’espropriazione)

  1. All’articolo 2910 del codice civile, dopo il secondo comma sono aggiunti i seguenti: “ In deroga a quanto stabilito dai commi precedenti, non può formare oggetto di espropriazione da parte di aziende e istituti di credito nonché da parte di intermediari finanziari di cui all’articolo 106 del testo unico di cui al decreto legislativo 1° settembre 1993 n. 385, e successive modificazioni, salvo quanto stabilito dal quinto comma del presente articolo, l’unicoimmobile del debitore al ricorrere delle seguenti condizioni:
  2. che esso sia adibito a civile abitazione del debitore;
  3. che altri componenti del nucleo familiare del debitore, con lui residenti secondo le risultanze dei registri anagrafici nel medesimo immobile alla data della notifica dell’atto di pignoramento, non siano in atto pieni proprietari o titolari di diritti reali di godimento su altri immobili adibiti a civile abitazione e situati nell’ambito del  territorio della stessa provincia di residenza e che inoltre, nell’arco temporale di cui al n.1 non abbiano ceduto a terzi diritti sui predetti altri immobili;
  4. che il valore del fabbricato di cui al n. 1 sia inferiore ad euro 500.000. Il valore dei fabbricati, ai predetti fini, è calcolato in misura pari all’importo stabilito a norma dell’articolo 52, quarto comma, del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986 n. 131, e successive modificazioni, moltiplicato per tre; qualora non sia possibile determinare il valore in conformità a quanto previsto dal presente numero, il valore è determinato ai sensi dell’articolo 79, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973 n. 602 e successive modificazioni.
  1. IL  FONDO SALVA CASA

Una risoluzione per la creazione di un “fondo salva casa”  è stata presentata nella VI Commissione della Camera dei Deputato dall’on.GITTI Gregorio (scelta civica per l’italia poi PD) Mercoledì 21 ottobre 2015 nella seduta n. 507.

La Risoluzione 7-00825 prende atto del fatto

“- che la crisi economica generale ha portato al progressivo impoverimento di ampie fasce sociali, in Italia come in altri Paesi;

– che la peculiarità dell’attuale congiuntura negativa sta particolarmente nel suo perdurare, arrivando a colpire non solo le fasce sociali finanziariamente più deboli, ma anche il cosiddetto ceto medio: i dati forniti periodicamente dalla Caritas mostrano che le richieste di assistenza continuano a registrare una crescita senza precedenti da parte di soggetti considerati benestanti fino a poco tempo fa;

– che tra questi, molti non possono più contare sulla proprietà dell’abitazione, acquistata negli anni in cui le banche erogavano con facilità mutui prima casa, in quanto l’arrivo della crisi economica ha reso insostenibile il pagamento delle rate di ammortamento del mutuo;

– che il risultato per loro è stato non solo quello di perdere la proprietà della casa, pignorata e messa all’asta dalla banca creditrice, ma anche di venire sfrattati: si calcola che, su scala nazionale, le esecuzioni immobiliari in essere e con probabile conclusione nei prossimi 5 anni siano circa 248.000 (Fonte: Ministero di giustizia)”

 Quindi si propone la creazione di un fondo Salvacasa che “in estrema sintesi andrebbe rivolto a investitori istituzionali, in primis la Cassa depositi e prestiti, ma anche, ad esempio, le fondazioni bancarie e le banche di credito cooperativo: il plafond del fondo verrebbe destinato all’acquisto in asta giudiziaria di immobili con le caratteristiche sopra dette; un intermediario finanziario, eventualmente costituito ad hoc (ad esempio una società di gestione del risparmio) avrebbe il compito di contattare i vecchi proprietari, di locare loro gli appartamenti a un canone di affitto ragionevole e di fare sottoscrivere alle parti una doppia opzione, put e call, che darà facoltà, a un tempo stabilito, di cedere o ricomprare l’appartamento;

i punti di forza dell’investimento sono, tra gli altri: la trasparenza del processo di acquisto

all’asta; l’alta probabilità di ricedere l’immobile all’ex-proprietario e inquilino, la possibilità di mettere subito a reddito l’investimento; l’alleggerimento per le banche dalla gestione onerosa degli immobili pignorati e/o del recupero di importi irrisori dalla vendita degli stessi, al contempo liberando risorse da destinare alla crescita delle imprese; un minor rischio di alterazione del mercato immobiliare con immobili reimmessi in vendita a prezzi molto bassi; la generazione di un forte impatto sociale positivo evitando di alimentare ulteriormente l’emergenza abitativa e i conseguenti problemi di ordine pubblico e di sicurezza nelle città; gli immobili da acquisire nel fondo sarebbero di tipo residenziale e artigianale; i casi umani definiti secondo precisi criteri di eleggibilità, preventivamente verificati; il valore dell’asta minore/uguale al 50 per cento del valore indicato dalla consulenza tecnica d’ufficio; il valore del singolo immobile non superiore a un target definito; l’impegno preliminare dell’esecutato all’affitto dell’immobile;

il fondo coinvolgerebbe: lo Stato, attraverso gli organismi individuati come i più idonei (si

pensi a CDP); gli investitori privati, come le banche e gli organismi di categoria (si pensi all’Ance, all’Abi, all’Anci); le cancellerie dei tribunali e i professionisti da essi delegati, incaricati della correttezza e trasparenza dell’intero procedimento; soggetti no-profit (si pensi, ad esempio, ai patronati, alle organizzazioni sindacali, a onlus sperimentate come la Caritas), chiamati a gestire il rapporto locativo dell’immobile esecutato attraverso reti territoriali radicate in grado di selezionare le richieste degli ex-proprietari e potenziali inquilini, avendo cura, in particolare, dei soggetti e delle famiglie più fragili, oltre che di collaborare con le banche nella dismissione coordinata di immobili esidenziali in una determinata area geografica;

(…) l’obiettivo del fondo Salvacasa, invece, è realizzare una sorta di ammortizzatore sociale a rendimento: chi investe nel fondo, infatti, non lo fa per filantropia, ma neppure per speculazione; il fondo Salvacasa è appetibile per: un asset class totalmente decorrelata dai mercati finanziari; un sottostante costituito da un mercato NPL stimato in circa 172 miliardi di euro,in crescita, con asset a garanzia stimati in circa 60/70 miliardi di euro; un rendimento netto ragionevolmente ipotizzabile intorno al 7 per cento senza utilizzo di leva;

la redditività avrà due fonti: il rendimento base, rappresentato dalla messa a reddito (affitto) dell’immobile acquisito ad asta; il rendimento aggiuntivo, rappresentato dalla rivendita dell’immobile alla famiglia affittuaria;

il calcolo della redditività dovrà tener conto di un ragionevole tasso di default, rappresentato sia da coloro che non riusciranno ad onorare il contratto di affitto, sia da coloro che non riusciranno ad adempiere all’opzione di riacquisto (…)

  • AI COMUNI IL DIRITTO DI PRELAZIONE SULLE ABITAZIONI ALL’ASTA E OBBLIGO DI AFFITTARE A CANONE EQUO

Interessante proposta è stata elaborata dal tavolo politico-letterario Ernest Hemingway-Cad sociale di Puianello che partendo dalle oltre 48.000 abitazioni all’asta ha chiesto che il primo atto del Governo Bersani fosse quello di approvare un Decreto Legge “Salva-casa” che riservasse ai Comuni il diritto di prelazione sulle abitazioni all’asta e acquistabili destinando a questo scopo il 10% delle imposte sui beni immobili. I Comuni, a loro volta, avrebbero avuto l’obbligo di affittare a canone equo ai vecchi proprietari dando poi a questi la possibilità di riscattarla qualora le sue condizioni economiche avessero a migliorare.

IL PROGETTO “SALVA UNA CASA SALVA UNA VITA”

Se escludiamo l’intervento legislativo volto a limitare l’azione esecutiva di Equitalia, tra l’altro sottoposto a molte condizioni, nulla è stato messo in campo per arginare il fenomeno dei suicidi per motivi economici.

Infatti anche nel caso in cui venisse approvato il disegno di legge della Assemblea Regionale Siciliana vedremo garantiti solo una parte di cittadini, ossia coloro che sono possessori di un unico immobile. Come per Equitalia infatti risulterebbero esclusi dalla applicazione della normativa tutte le persone che si trovano in “disgrazia finanziaria” ma che  sono proprietarie di altra casa o addirittura una quota di un’altra civile
abitazione. Si pensi al caso frequentissimo della abitazione ricevute a causa di morte dei genitori e in comproprietà con molti co-eredi.

ll diritto alla abitazione dovrebbe essere garantito a prescindere e senza condizioni, perchè altrimenti si otterrebbe il risultato perverso che chi ha una sola casa forse la conserva e chi ne ha due le perde entrambe.
L’inciso normativo ” non può formare oggetto di  espropriazione da parte di aziende e istituti di credito l’unico immobile del debitore …” non lascia ben sperare.

Per ottenere un riequilibrio si dovrebbe togliere la parola “unico”.

Tuttavia nelle more di questo lungo e improbabile iter legislativo è necessario un intervento di urgenza a sostegno di chi sta pagando a caro prezzo quello che può essere definito un vero e proprio “terremoto economico”.

Il comitato Io non mi Uccido ha così elaborato due possibili forme d’intervento che si differenziano in relazione sia ai soggetti finanziatori che allo stato di necessità dell’utente finale.

Entrambe le soluzioni si avvalgono dello strumento giuridico del GEIE (Gruppo Europeo di Interesse Economico) che acquisterà le case da  “salvare” e le riassegnerà ai proprietari di origine attraverso il meccanismo del RENT TO BUY con riserva di proprietà al pagamento dell’ultima rata ovvero anche in anticipo al pagamento delle somme residue.

Il tutto preceduto da una trattativa con la banca al fine di evitare l’inutile iter giudiziario per l’accertamento delle clausole nulle e quindi, laddove possibile, attraverso un “saldo e stralcio”.

Uno studio di fattibilità  è stato realizzato in collaborazione con l’ associazione di consumatori- no profit “Avvocato in famiglia”, specializzata nella “fase operativa”,  con la  Società di Mutuo Soccorso “EMEA” che ha tra le sue proposte un piano mutualistico di garanzia fino a 12 mensilità di affitto, mentre il funzionamento del GEIE è stato valutato dalla società estone VVC OU.

SOLUZIONE A

La prima soluzione è rivolta ai cittadini che, pur in difficoltà economiche, sono in grado di pagare una rata simile a quella di un mutuo ipotecario ma che vogliono “eliminare il rischio” di legare il diritto alla abitazione alle vicende della propria attività professionale o aziendale.

Le risorse economiche vanno ricercate tra le società europee interessate a questa forma d’investimento prevedendo un interessante rendimento intorno al 7%

I soggetti necessari sono:

                   SOGGETTO SELEZIONATORE – seleziona richieste di aiuto assegnando priorità ai casi più urgenti

                    SOGGETTO FINANZIATORE  – sottoscrive contemporaneamente due contratti:  1) un preliminare di acquisto dell’immobile per la somma indicata dal soggetto “operativo, versando a titolo di caparra le somme necessarie per liberare il bene da ogni gravame  2) un contratto Rent to buy con riserva di proprietà al pagamento dell’ultima rata al costo mensile necessario per rendere sostenibile l’operazione (7%) e parametrata alla rata di un mutuo ipotecario.

Con il rogito notarile il bene verrà apportato in apposito GEIE (Gruppo Europeo di Interesse Economico) costituito da società di proprietà del soggetto finanziatore che gestirà gli immobili

                   SOGGETTO GARANTE – garantisce il pagamento degli affitti fino a 12 mensilità in caso di sfratto per morosità

SOLUZIONE B

La seconda soluzione è invece rivolta a coloro che, per le mutate condizioni economiche,  non sono più in grado di pagare la rata del mutuo ipotecario e che quindi hanno necessità di “eliminare il rischio” di perdere il proprio diritto alla abitazione e nel contempo di rendere sopportabile la rata mensile da destinare all’acquisto della casa. Questa operazione dovrà essere finanziata da un soggetto no profit attraverso l’utilizzo di contributi e donazioni (anche attraverso donation crowdfunding o social lending)

                   SOGGETTO SELEZIONATORE e FINANZIATORE

Individua le situazioni più urgenti e finanzia l’acquisto della casa utilizzando risorse economiche donate o raccolte tra gli iscritti.

Sottoscrive contemporaneamente due contratti:  1) un preliminare di acquisto dell’immobile per la somma indicata dal soggetto “operativo”, versando a titolo di caparra le somme necessarie per liberare il bene da ogni gravame  2)  un contratto Rent to buy (con riserva di proprietà al pagamento dell’ultima rata) al costo mensile sostenibili dal soggetto che cede l’immobile;

Con il rogito notarile il bene verrà apportato in apposito GEIE (Gruppo Europeo di Interesse Economico) costituito da società di proprietà del soggetto finanziatore che gestirà gli immobili.

                   SOGGETTO GARANTE – garantisce il pagamento degli affitti in caso di morosità che eccedono il fondo rischi (0,5%) previsto.